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Quality 4.0 per Industry 4.0: come far evolvere processi, persone e metodologie

Milano, 4 aprile 2018 – La trasformazione verso l’Industry 4.0 pone nuove sfide per tutte le funzioni aziendali, mettendo al centro il tema della Qualità. A fronte dell’evoluzione tecnologica, con strumenti sempre più veloci e affidabili nel fornire dati a supporto di decisioni, o per svolgere un’azione predittiva, come deve evolvere l’azione di chi si occupa di Qualità? Che tipo di nuovi input per il drastico miglioramento dell’affidabilità e della qualità dei prodotti e dei processi? Quali nuove competenze per le persone che devono saper cogliere tutte le opportunità fornite dalle nuove tecnologie e quali nuovi ruoli da inserire nelle organizzazioni?

Se ne è parlato nel Convegno di fine 2017  “QUALITY 4.0. Far evolvere processi, persone e metodologie nell’era di INDUSTRY 4.0”, in chiusura della Campagna Nazionale Qualità 2017   https://www.galganogroup.com/cnq-edition/edizione-precedente/,promossa in Italia dal Gruppo Galgano, organizzato a Genova dal Gruppo Galgano in collaborazione con Ansaldo Energia e ABB, nella splendida cornice di Villa Cattaneo.

L’obiettivo dell’incontro è stato quello di portare risposte a questi importanti quesiti attraverso la voce di aziende eccellenti che stanno affrontando la sfida di Industry 4.0 come ANSALDO ENERGIA, ENEL, ABB, TIM e RINA.

“La chiave del successo per migliorare la Qualità dei processi e dei prodotti è il coinvolgimento del personale. – ha dichiarato Mariacristina Galgano, amministratore delegato del Gruppo Galgano, introducendo il tema con la metafora de “Il Gigante e la Spada” –  L’Industry 4.0 è come una spada, formidabile strumento, ma senza una struttura robusta e allenata a maneggiarla – il Gigante, appunto, che richiama metaforicamente la Quality 4.0, si rischia che la tecnologia prevalga sulla struttura, senza generare i benefici attesi rispetto agli investimenti. Le tecnologie che questo approccio mette a disposizione sono davvero potenti. Le persone devono essere abili e capaci di maneggiare tali tecnologie con maestria. Il grado di innovazione di un’impresa si misura dallo sviluppo delle persone, che devono essere preparate all’utilizzo delle nuove tecnologie, sia tecnicamente che attitudinalmente, in modo che ne comprendano i benefici e creando così una cultura aperta al cambiamento incessante. Gli investimenti in tecnologia, altrimenti, sono fini a sé stessi”.

Ma come si affrontano i temi Lean, Quality e Industry 4.0 in un’era pervasa dalla tecnologia? Risponde sempre Galgano: “Con persone preparate, dati precisi, attento monitoraggio e analisi delle informazioni. La vera sfida è, appunto, quella di operare processi sensibili al tema qualità attraverso persone di qualità che sappiano gestire, presidiare e usare al meglio la tecnologia disponibile. Infatti, se le loro competenze non crescono, i dati forniti non trovano una popolazione in grado di recepirli”.

Il valore delle persone è uno dei temi distintivi del libro “Toyota Culture”, di cui Galgano ha curato l’edizione italiana. “Si parla di Mappa del flusso del Valore delle Persone. Occorre ingaggiare le persone nel problem solving in modo che acquisiscano maturità e responsabilità”.

Approfondimento

Sono molti gli spunti interessanti emersi durante l’evento organizzato dal Gruppo Galgano in collaborazione con Ansaldo Energia e ABB in tema “Quality 4.0. Far evolvere processi persone e metodologie nell’era di Industry 4.0”

 Luca Manuelli, CDO di Ansaldo Energia ha dichiarato che “L’Industry 4.0 è la prima rivoluzione che viene raccontata nel momento in cui sta avvenendo. La qualità è da sempre elemento competitivo dell’azienda. In questo contesto attuale, il capitale umano è fondamentale, oltre all’innovazione tecnologica. Occorre, però, valutare un trade-off tra tecnologia e ridimensionamento del ruolo del personale. Nelle più svariate definizioni di Industry 4.0, i processi manifatturieri restano al centro, ma la tecnologia comincia a pervadere l’intera catena del valore – ha spiegato Manuelli – Tale concetto viene quindi allargato dal riduttivo approccio verso la fabbrica alla considerazione di tutti i processi e di tutte le azioni di supporto a vantaggio del fattore umano. Uno di questi processi avviene già nella fase di design dove occorre stabilire obiettivi di qualità (Preventive quality management). In aggiunta a ciò, bisogna porre attenzione anche a valle: la qualità è legata al servizio, non finisce più con la delivery. Cruciale è valutare le esigenze del cliente che nascono dall’uso diretto del prodotto. La qualità non è più quindi terreno esclusivo della funzione qualità. La qualità è un valore fondamentale dell’intera azienda. La governance e la cultura della qualità vanno diffuse”.

Ma come Ansaldo ha tradotto queste parole in pratica? “Prima di tutto portando la tecnologia a supporto della sicurezza sul lavoro – ha proseguito Manuelli -Poi sviluppando smart factory dove grazie all’analisi dei big data abbiamo potuto aumentare la qualità percepita. La tecnologia è stata usata anche per il controllo degli spostamenti degli elementi generali contenuti nella packing list (sapere cosa è contenuto e in quale container) e per la comunicazione a distanza, con indicazioni passo passo per il montaggio delle macchine (esempio: tecnico in Siria collegato con esperto a Genova).

Luca Manuelli, CDO di Ansaldo Energia
Luca Manuelli, CDO di Ansaldo Energia

Alcune applicazioni tecnologiche in Ansaldo sono state: il Remote Commissioning per gestire in contemporanea più contratti, il Predictive Maintenance per anticipare guasti e failures migliorando il servizio al cliente, l’Immersive Virtual Reality con scopo di training al tecnico prima dei suoi interventi di manutenzione, i Robot che completano l’attività umana operando in situazioni non accessibili all’uomo e la stampa 3D.

Anche due particolari progetti sono stati avviati: uno è il Lighthouse Plant per sperimentare il 4.0 in 8 macro aree applicative per migliorare la qualità, ridurre il time to market, ridurre i costi della non qualità e migliorare la sicurezza; l’altro è il progetto Digital X Factory che ha visto 160 persone interessate, 100 proposte e 2 start up vincenti (Smart Track GE e Sentetic) per creare piattaforme Internet of things sulla qualità. Tutta l’organizzazione – ha concluso Manuelli – deve essere smart. Abbiamo diversi stakeholder (interni ed esterni) che sviluppano competenze e di cui dobbiamo tenere conto nel momento in cui decidiamo di collaborare con innovation hubs, università e business partners”.

Stefano Sigali di ENEL Innovazione è così intervenuto: “In Enel abbiamo due pilastri di innovazione: focus su cliente e digitalizzazione, che sono strumenti e mezzi per migliorare la qualità di prodotti e servizi. Senza dimenticare però le persone, che restano la chiave all’interno del processo. Se il singolo operatore non riceve vantaggio dall’uso della tecnologia digitale, egli non la arricchirà con il suo lavoro. A livelli alti, mancheranno le informazioni per condurre analisi e informazioni che devono venire dalla base”.

Le tecnologie a supporto delle persone usate in ENEL sono diverse: piattaforme, cloud e cyber security.

“Grazie alle tecnologie di oggi possiamo raccogliere tutte le informazioni in un unico database per avere un processo di analisi dei dati, snello ed efficace” racconta Sigali che ha illustrato ai presenti DGPLANT, il progetto Enel di digitalizzazione degli impianti tecno elettrici che ottimizza le operations e le performance. Ora come ora la digitalizzazione viene vista come elemento positivo. Bisogna vedere cosa rimane dopo questa prima fase per capire se sarà in grado di portare benefici. Quello che possiamo fare è sviluppare rapidamente, testare progetti pilota, migliorare e diffondere l’applicazione in modo esteso. Ciò che ENEL sta facendo è partire dalla tecnologia per creare un processo end-to-end di cui la digitalizzazione sia il filo conduttore, integrando le informazioni derivanti da tutte le sorgenti per migliorare la qualità aziendale. Persone, processi, tecnologia: la raccolta delle informazioni è fondamentale nel 4.0. Il monitoraggio è alla base della qualità”.

In questo contesto nasce in ENEL la figura di digital worker, un operatore che ottiene direttamente le informazioni necessarie sul campo, con possibilità di alimentare il sistema con la propria esperienza e i propri input.

“Enel – continua Sigali – usa una tecnologia anche per controllare i veicoli che puliscono gli impianti. I dati raccolti permettono di monitorare l’uso dei mezzi, i fabbisogni, la necessità di manutenzione. Solo se i dati sono accentrati è possibile svolgere analisi che diano valore. Inoltre viene usato un sistema di controllo accessi: i mezzi in entrata nel sito vengono identificati da un tag. Vengono pesati in entrata e uscita. Su un totem l’operatore indica le informazioni del carico/scarico. Egli trova il percorso da seguire e riceve un segnalatore da tenere a bordo per il tracking fino all’uscita dalla centrale”.

Nella digitalizzazione dei processi si va incontro anche a delle difficoltà. “Soprattutto quando si va contro le normative country-specific: ad esempio, per l’uso di droni in certi paesi vi sono leggi restrittive. Per concludere, oltre ad un’analisi costi-benefici, le aziende devono cambiare i processi per supportare le tecnologie prese dal mercato. Il tutto, per avere un’integrazione virtuosa”.

L’intervento di Marco Sanguineti, responsabile Global Technology and Innovation Power Generation and Water di ABB, può essere sintetizzato in questo modo: “La digitalizzazione può essere il tessuto neurale di un impianto: permette di connettere apparati, persone e processi.  La digitalizzazione deve essere presente a tutti i livelli per migliorare la creazione di valore per il cliente: dobbiamo passare dal considerarla parte di operazioni isolate a operazioni interconnesse che vanno verso operazioni autonome”

Le applicazioni di Intelligenza Artificiale si possono catalogare in tre onde, anche se al momento siamo confinati alle prime due: dice Sanguineti: “la prima, ottimizzare ciò che si sta già facendo; la seconda, fare cose che prima non erano possibili e re-immaginare i processi fondamentali.

ABB punta molto sulle collaborative operations, fondamentali e proprie di un approccio worldwide: con le sue unità diffuse in tutto il mondo, il flusso è dura 24h: parte in Giappone, a cascata si sposta in Europa e poi in America, per concludersi il giorno successivo. Questo porta ad attività parallelizzate, più veloci, con verifica immediata degli step precedenti. Il tempo tra identificazione del problema e risoluzione è notevolmente compresso.

Ma come si applica la Quality 4.0 all’Industry 4.0? Spiega Sanguineti: “La qualità non è una questione di. La Qualità è piuttosto come la tecnologia riesce a migliorare la cultura, la collaborazione, le competenze, la leadership. Questi sono quattro qualificatori umani, non di prodotto, non di processo. L’uomo resta sempre elemento centrale. Va poi sottolineato come l’estrema connessione ci porti a un’amplificazione delle informazioni: se il mio impianto ha un problema a causa di un certo materiale, il fornitore di tale materiale verrà quasi sicuramente colpito da bad reputation, maggiormente ampliata rispetto al passato”.

È poi intervenuto Flavio Tonelli, PhD dell’Università di Genova, di UNIGE, che ha parlato di digital transformation e delle sfide della ricerca dell’Industria 4.0 per la Gestione della Qualità, riprendendo un concetto già espresso da Stefano Sigali di Enel.

“La nuova configurazione di fabbrica porta a sfide e approcci diversi legati alla qualità. Occorre espandere il terreno di analisi: cliente e fornitore devono essere considerati come punti cruciali della catena. Il valore e la qualità sono presenti a partire da monte fino ad arrivare a valle. Con l’Industry 4.0 si passa quindi dal design di prodotto al design di fabbrica. Tre sono invece gli elementi nuovi da affrontare: vertical integration, horizontal integration, end-to-end engineering (virtualizzazione di elementi reali fisici in componenti virtuali e informatiche). “Nella fabbrica 3.0 l’oggetto fisico era disgiunto dal suo valore digitale. Nella fabbrica 4.0 l’aggiornamento diventa in real time. Addirittura si può partire dal progetto virtuale per poi ribaltarlo sul mondo fisico”, ha spiegato Tonelli, individuando tre questioni che rimangono aperte alla luce della rivoluzione digitale. Prima di tutto Compliance 3.0 contro Compliance 4.0: servono normative a supporto dell’evoluzione che stiamo vivendo perché la tecnologia si muove molto più velocemente delle norme. Performance management vs. management: dobbiamo avere indicatori adeguati alla grande mole di dati che avremo a disposizione passando da KPIs a valuable metrics. Infine passare dal concetto di qualità centralizzata a quello di qualità decentralizzata: con un approccio per processi decentralizzato, gli spazi decisionali sono decentrati. La qualità va gestita in modo diverso da come la gestiamo oggi”.

Flavio Tonelli, UNIGE
Flavio Tonelli, UNIGE

Michele Palermo, VP strategic positioning di TIM ha portato l’esperienza di Tim nel campo della Digital Transformation nell’Industria 4.0.  La riflessione sulla Digital Transformation parte dalla customer experience, ha dichiarato Palermo. “Come azienda usiamo i big data per analisi e per migliorare la customer experience. Vendiamo prodotti intrinsecamente digitali. Vogliamo fare tesoro delle esperienze interne per creare valore per i clienti. La filosofia di Tim è la seguente: do what you sell and sell what you do (trasferisci le buone pratiche ai clienti). La digitalizzazione ha avuto un grande impatto nella nostra azienda. Da noi c’è la completa digitalizzazione dei processi interni, internet è accessibile a tutti, il 90% dei processi è in digitale (cedolini, comunicazione malattia, gestione asset, formazione tramite e-learning …). Stiamo puntando al paperless e alla predictive maintenance che ha l’obiettivo di prevedere un allarme grave con almeno 2 ore di anticipo, ottimizzare i tempi di manutenzione, i costi operativi e gli interventi, riducendo concretamente il tempo di fermo cella totale nella rete, aumentandone la qualità. Abbiamo poi sviluppato lo Smart Factory 4.0, dispositivo che si attacca ai macchinari e raccoglie dati, inviandoli ad un elaboratore. “I dati – ha concluso Palermo – devono essere elaborati in modo da facilitare le decisioni dell’utente, essendo fruibili, utili e pratici”. E non per ultima, la sicurezza, che con l’approccio digitale diventa un processo pervasivo.

Barbara Poli, responsabile marketing, organizzazione e IT di RINA Services è così intervenuta: “Nel mondo hai tre opzioni: parti per primo, segui il più bravo o sei tagliato fuori” corredando questa affermazione con alcuni interessanti dati statistici. “Nel 2022, l’80% delle aziende avrò una catena del valore digitalizzata in toto; nel 2025, il mercato dell’intelligenza artificiale aumenterà di 57 volte; solo il 5% delle attività verrà sostituito dalle macchine. Il 65% sarà automatizzato per una quota pari al 30%. Le persone aumenteranno e lavoreranno meglio. Le norme non possono essere dei rallentatori”.

Ma cosa porta il 4.0? Secondo Poli, è un approccio che porterà minori costi, minori tempi, maggior uso di asset e maggior qualità. “Chi non fa nulla affronta il 30% in più di costi. La digitalizzazione chiede a ognuno di noi di interagire in modo diverso con colleghi ed ecosistema”. In questa era la qualità gioca un ruolo fondamentale. “La funzione qualità ha un dovere: uscire dai propri confini ed estendere il concetto di in tutta l’azienda. Dobbiamo passare dal fare qualità ad essere qualità. Per farlo bisogna partire dalla voce del cliente. La qualità non arriva fino alla consegna, ma va oltre, fino al post-sales. La qualità percepita è un indicatore importante”.

Il gruppo Rina sta affrontando questa rivoluzione digitale attraverso diverse azioni fondamentali: la cyber essential (capacità di resistere ad attacchi informatici); la certificazione ANSI TIA 942, che permette di valutare la business continuity, l’additive manufacturing e il virtual augmented training.

Grande importanza in questo cambiamento lo avranno le competenze delle persone. “Vanno censite in una skill map. Le risorse umane devono essere sempre coinvolte nei processi di cambiamento. Dobbiamo usare le tecnologie digitali per favorire modelli di scambio e collaborazione per una condivisione immediata di competenze e info, il close loop delle informazioni diventa sempre più stretto. Ovviamente non esiste una ricetta unica: dipende da ruolo e organizzazione” nella logica di un modello che prevede anche un cambio nel modo in cui le persone imparano, la qualità rimane la bussola per non perdere l’orientamento. “La qualità è parte delle aziende, entra nella stanza dei bottoni, parla con i process owner, dirige le azioni del team”.

Davide Cogliati, consulente senior Gruppo Galgano, in chiusura dell’incontro ha consigliato alle aziende di tenere la barra dritta in questa era pervasa da ondate tecnologiche. “Prima dobbiamo strutturare e standardizzare i processi. Poi possiamo passare alla digitalizzazione”.

 L’Incontro di Genova ha chiuso la serie di eventi della Campagna Nazionale Qualità di novembre 2017, promossa in Italia dal Gruppo Galgano in occasione della Giornata Mondiale e della Settimana Europea della Qualità, che si celebrano a novembre a livello internazionale per iniziativa delle tre grandi Associazioni della Qualità (JUSE per il Giappone, ASQ per l’America, EOQ per l’Europa).

Ad oggi già aperte le iscrizioni per l’edizione 2018 della Campagna Nazionale Qualità      su “Il Valore Etico della Qualità” . Per informazioni cliccare qui.

Il Gruppo Galgano è la storica società a capitale interamente italiano fondata nel 1962 da Alberto Galgano, leader nel campo della consulenza di direzione e della formazione manageriale con forte orientamento ai risultati. Nei sui 55 anni di attività, che si celebrano proprio quest’anno, ha mantenuto l’elemento distintivo di una continua tensione all’innovazione organizzativa.

 

 

Per informazioni:     web site

Silvana Gainotti Andrea Turco – Ufficio Stampa Gruppo Galgano [email protected]–tel. 02.396051 – 335.7350510

6 Aprile 2018
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